mercoledì 28 gennaio 2015

Mi sento come se.

Certe volte ho come la sensazione che mi prendano per il culo.
Cioè, so benissimo che mi si prende per il culo, in taluni casi. Ma non sto parlando di quelli.
Parlo di tutta una serie di situazioni in cui ti senti veramente preso in giro, ma in grande stile, come se fosse una cosa organizzata alla grande per metterti in mezzo.
Leggo la rosa dei nomi "papabili" per la presidenza della repubblica (un ruolo che nei fatti non conta niente, ma che è investito di una grande importanza formale) e penso che ce lo stiano facendo apposta, così per far reagire qualcuno come Michael Douglas in "Un giorno di ordinaria follia".
Parlo della semplicità con cui in Italia (ma non solo da noi), una persona disonesta può prendersi gioco di qualcuno che è onesto e che ha il solo torto di fidarsi del prossimo (ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale...), senza che per il primo vi siano coseguenze serie, almeno nell'immediato e che vi siano tutele per il secondo, anche a lungo termine.
Penso a tante altre situazioni di vita reale che capitano a chiunque, ogni giorno, e che ti fanno passare la voglia di sforzarti. E chi se ne frega se ho messo la e dopo la virgola.
Boh, pensiamo ancora un po', di solito non è una cosa sbagliata.

Nel frattempo giovedì scorso son stato a vedermi un concerto di un gruppo italiano non molto famoso ma che secondo me fa musica di qualità, fuori da quei filoni di già visto e già ascoltanto che ci stanno infestando radio e televisioni (che sia colpa dei talent show????) e quindi mi pare giusto fare un po' di pubblicità, per quel poco che può valere...ed il titolo della canzone è adattissimo al post di oggi.
Oltretutto portano un nome che vale da solo.

Bud Spencer Blues Explosion - Mi sento come se



martedì 20 gennaio 2015

Alla rinfusa

Un po' di pensieri alla rinfusa che escono così.

Ascoltavo "Come mi pare" di Fabi-Silvestri-Gazzè, il cui testo è veramente illuminante, un po' tutto. Mi piace però soffermarmi su un passo soltanto:

"...sono libero ed incosciente
quindi posso serenamente fare come mi pare..."

Perchè il succo è proprio quello, nonostante uno sia libero, qualunque sia il significato che vogliamo dare a questa parola, non sempre è possibile fare quello che ci pare. I vincoli del vivere comune, la necessità di non urtare le sensibilità altrui o milioni di altri impedimenti...siamo circondati...e non credo che questo sia necessariamente un male.

Parcheggio la macchina nell'interrato del "Parco Prato", per andare in palestra. Solitamente faccio le scale e per fare le scale bisogna passare da un grande atrio, completamente vuoto salvo due cestini. Oggi in quell'atrio c'erano 6 ragazzetti, non oltre i 15 anni, che con i giacconi in terra giocavano a pallone dandosele di santa ragione. Una meraviglia, che mi ha riportato di colpo a quando riempivo i pomeriggi così anche io. Mentre passo il più possibile defilato dal loro "campo di gioco" uno parte per rimettere la palla e un secondo gli urla "Cretino fermo, fai passare il signore!".
Giuro che m'è scappato da ridere.
Non me la son presa.
Sarà stata la barba bianca, la borsa di palestra fatta a trolley che fa molto rappresentante, l'aria composta (io?), sinceramente mi ci sono voluto sentire, SIGNORE, in quel momento. 
Non mi sono mai preso sul serio e non ho intenzione di cominciare adesso, quindi questi rari momenti di età adulta riconosciuta li ho voluti cristallizzare in quell'attimo e quella voce di ragazzo mi risuona ancora in testa.

Ovviamente finiti i 20 scalini ero già tornato il coglione di prima.

Bruce Springsteen -Born to run

mercoledì 14 gennaio 2015

Obtorto Collo

Adoro il mio paese.
Adoro l'Italia e sono orgoglioso di essere italiano, con tutto quello che comporta.
Mi piace dire che vengo dall'Italia all'estero, mi piace poter dire di essere toscano e infine pratese, cosa significa lo sapeva bene Curzio Malaparte, in quel meraviglioso spaccato di toscanità che è Maledetti Toscani.


Ma in tutto questo discorso detesto tanti, forse troppi aspetti dell'essere italiani.

Aspetti che fanno parte della nostra cultura.
Aspetti che, in altri contesti, applicati a situazioni diverse, probabilmente sono e sono stati i nostri punti di forza.
Aspetti che non riusciremo mai a cambiare, perchè la natura di un popolo definitasi nel corso dei secoli la cambi solo se quel popolo viene colonizzato e/o spazzato via.


Mi riferisco a tutto ciò che ci rende bizzarri e grotteschi, ma non nel senso buono del termine, semplicemente ci rende cafoni ed ignoranti.

Detesto quelli che ai funerali fanno partire cori stile stadio per il defunto (sarei integralista, non trovo il senso nemmeno negli applausi), quando un composto e dignitoso silenzio è il segno migliore, insieme alla presenza fisica, per dimostrare riconoscenza e riconoscimento.
Detesto quell'abitudine tutta nostra (e quasi soltanto nostra) di applaudire quando un aereo atterra, come se avessimo assistito ad un varietà che abbiamo molto apprezzato e che si è concluso con la nostra sopravvivenza...
Non sopporto chi suona il clacson indistintamente e ostinatamente, abusando della tolleranza acustica dei nostri orecchi (anche se a dire il vero in questo in Asia sono maestri molto più di noi)...
Detesto quella pessima abitudine che ci fa identificare in "quelli che battono la fiacca fino a che è possibile, salvo poi scuotersi all'ultimo momento utile", un atteggiamento molto latino cui non ci sottraiamo affatto.
Detesto il fatto che le forze dell'ordine siano tutte da condannare, sempre ed in ogni situazione, salvo quando, per il proprio tornaconto personale se ne ha bisogno. E se non arrivano ci si lamenta. Quando invece ci colgono in fallo che facciamo? Ci si lamenta, of course. Perchè si sa, tutti vorremmo essere sopra le leggi, SOLO ogni tanto.
Non sopporto quella strana abitudine a presentarsi come tuttologi o esperti solo per aver letto 3 righe su Focus o su wikipedia. Come se gli altri non fossero in grado di leggere le stesse 3, magari anche una in più.
Detesto le sceneggiate, le telefonate ad alta voce e quelli che vogliono per forza farti sapere quello che gli accade. Quando in realtà, per farsi i cazzi altrui, basta e avanza facebook.
Detesto chi questa lingua meravigliosa la storpia, utilizzando un vocabolario ristretto e inadatto, sbagliando i congiuntivi e la sintassi.
Non sopporto le cafonissime scuole di ballo latino-americano, sorte un po' ovunque in giro per il paese. Non me ne vogliano i praticanti, è una pura opinione personale. Ma quelle camicie di raso, quella musica ripetitiva e malinconica a "mascherare" la speranza di entrarci single e uscire a coppia mi danno il voltastomaco, è più forte di me.
Non sopporto quella abitudine odiosa di piazzarsi davanti al cibo in ogni buffet, non mollando quella metafora della linea Maginot rappresentata dal contatto col tavolo. E con le tartine.


Boh, probabilmente esagero, ma continuo a credere che basterebbe che ognuno cominciasse nel proprio piccolo spazio vitale a darsi una scossa per cambiare davvero il corso naturale delle cose.

Peccato che pare si sia tutti senza scosse ormai da troppo tempo.
Troppo.
Tempo.


Pierpaolo Capovilla ft. Marina Rei - E mi parli di te


mercoledì 7 gennaio 2015

It's more (fun) in the Philippines

E' cominciato il 2015  e negli ultimi 15 gg ne sono successe di cose.
Dal mio ultimo post, figlio della promessa di inizio mese, sono passati un po' di giorni e ci ho messo dentro un viaggio in estremo oriente, dove avevo bisogno fisico di tornare, un viaggio che nonostante la relativa semplicità mi ha restituito tanto, tantissimo, sotto tanti punti di vista.
Le Filippine sono un paese straordinario, vario ed allo stesso tempo monotono.
Sono Asia purissima, ma si portano dietro tracce di una Europa che non sembra affatto lontana.
Sono bontà, sorrisi e apertura, ma al contempo sono poca propensione al turismo e a quella scaltrezza che ormai contraddistingue luoghi che, molto prima di questi, hanno aperto le proprie porte al turismo di massa.
Sono sole, ma anche e soprattutto tanta pioggia.
Sono mare, palme, lagune e spiagge incredibili, ma sono anche vulcani e tifoni, tra i fenomeni naturali più devastanti che esistano.

In 12 giorni ho visto Manila e Palawan, ho visto Puerto Princesa, Sabang ed El Nido. Non sono riuscito a vedere la terra se non da vicino, tanto è lussureggiante e abbondante il verde di questa terra.
Ho visto l'albero dell'Anacardo, infinite palme da cocco ed il carabao, il bufalo simbolo nazionale del paese.
Ho visto un paese dagli indiscutibili tratti asiatici, dalle persone, al cibo, ai ritmi di vita, ai massaggi, ma in cui le vestigia della colonizzazione europea sono perfettamente riconoscibili. E non parlo di Manila, trascurabile architettonicamente e non solo, ma parlo degli atteggiamenti delle persone, di sprazzi di lingua spagnola che compaiono in mezzo ad un inglese balbettante che a volte si sostituisce al tagalog, la lingua locale.
Ho visto persone sorridenti, disponibili e limpidissime, soprattutto quando, dopo aver smarrito il telefono a Manila su un Van, l'ho recuperato in albergo una settimana dopo, senza che nessuno venisse a reclamare alcuna ricompensa. 
Ho visto approssimazione tipica orientale e sorpresa, in tutti i loro occhi, quando vedevano in noi occidentali lo smarrimento di chi non comprende come si possa vivere con tale lentezza, senza curarsi quasi di tutto ciò che è terreno e passeggero. 
Ho visto devozione, a loro modo, e chiese addobbate come solo in sudamerica sanno fare. Qui, che siamo spersi nel pacifico, nell'Asia più estrema.
Ho visto praticamente solo case fatte di tetti di lamiera e pareti di impagliato, come se non piovesse spaventosamente per ben 8-9 mesi l'anno. Ma per loro casa è soltanto un tetto sotto cui dormire, non c'è bisogno di indugiarci troppo tempo.
Ho visto sporcizia mista a pulizia occidentale. Zero rispetto per l'ambiente e per gli animali. Ma si sa, questi sono argomenti cui spesso i popoli arrivano dopo aver acquisito tante altre consapevolezze.

Ho visto una nazione che ancora fa fatica, un popolo che non ha ancora deciso se voler essere carne o pesce e che probabilmente non deciderà mai. Un popolo ed un paese che devono al clima e a quei devastanti fenomeni naturali che lo interessano tutta la propria spontaneità. 
E allora, paradossalmente, speriamo che questa rimanga tale per molto e molto tempo ancora.
Arrivederci Filippine, tornerò sicuramente.

America - Horse with no name